lunedì 14 gennaio 2019

Recensione. Perché NON dovreste assolutamente leggere "Voci" di Dacia Maraini.

Buongiorno lettori, siamo già al terzo libro dell'anno, e se credevo di aver cominciato egregiamente, ho dovuto ricredermi dopo aver letto il libro di cui vi parlerò.

Trama:
Una porta spalancata, un paio di scarpe da tennis azzurre appaiate, un acuto odore di disinfettante accolgono, al suo ritorno nella casa romana dopo una breve assenza, la giornalista di una radio privata, Michela Canova. Apparentemente questi segni non sembrano indicare nulla di particolare, in realtà sono le tracce, le uniche, di un delitto - l'assassinio di Angela Bari, una vicina di casa di Michela - un delitto che rivela, all'improvviso, come dietro l'apparente normalità si nascondano il mistero e la violenza. Incaricata dal direttore della radio di condurre un'inchiesta sulla violenza urbana e, in particolare, sulle sevizie - spesso impunite - contro le donne, per la giornalista inizia un viaggio nella dimensione dell'orrore quotidiano che si svolge parallelamente a una sua personalissima indagine sull'omicidio. Nel corso di questa discesa agli inferi, la verità (a un tempo semplice e insospettabile) sulla fine di Angela Bari si ricompone in un sorprendente mosaico.

Mi ero segnata questo titolo mentre elaboravo una bibliografia di letture sul tema della violenza contro le donne per un progetto di volontariato, e dal momento che non avevo mai letto prima niente di Dacia Maraini, avevo pensato che poteva essere il momento giusto. Quale errore fu!!!!

Intanto, non fatevi ingannare dalla trama, perché, anche se sembra avere tutti gli elementi del giallo poliziesco all'italiana, non si percepisce nulla della suspense e poco dell'aspetto investigativo. 

Il commissario di polizia incaricato è una donna che mi è parsa oltremodo incompetente e poco professionale, oltre al fatto che se ne esce spesso e volentieri durante i suoi monologhi con delle perle che in bocca a un poliziotto io non avrei mai messo, non per discriminazione di classe, per carità, ma per puro realismo. E non è mica l'unica, pare che ogni personaggio abbia ricevuto un'istruzione più che superiore tale da sentirsi in diritto di vantare la propria erudizione, fuori luogo e in maniera irritante. Tanto per dire, c'è la casalinga madre della vittima che cita in latino una poesia dell'imperatore Adriano; c'è la poliziotta che cita Edipo in lingua originale ovvero greco antico (ma coooomeeeee??), cita Goethe e sfoggia una spiccata conoscenza delle leggende dell'antico Egitto; c'è l'agente immobiliare che filosofeggia a briglie sciolte sul piacere e il dolore, l'ambiguità, la piattezza e la seduzione, e cito testualmente: ".. il fatto è che non sempre riesco a rendere la mia complessità mentale con una seducente complessità verbale. Il mio pensiero è superiore alle mie parole, che seguono, arrancando, col fiatone...". Cioè, mi spiego?? Come se non bastasse tutto ciò, anche la voce narrante, che sarà pure una giornalista, per carità, ma a tutto c'è un limite, sparpaglia qua e là parole come conquibus, lenone, prosseneta, manierato, anilina (cercatele sul vocabolario, coraggio!!), ok che siamo negli anni 90 ma non siamo nel 18esimo secolo, per l'amordiddio. 
Ma non ho ancora finito, attenzione.



Le parti descrittive non risultano per niente armoniose, sembra di trovarsi davanti un mucchio di cose appoggiate a casaccio le une di fianco alle altre. La narrazione è poco scorrevole, è forzata, e certi dialoghi che vorrebbero dare l'idea di avere a che fare con gente di bassa estrazione sociale (in caso particolare una prostituta) stride troppo con la pretenziosità del linguaggio del resto del libro.
Un capitolo si e uno no, la voce narrante sciorina dati statistici e informazioni riservate sui casi insoluti di violenza contro le donne, descrivendo anche foto di bambine, il che dovrebbe risultare raccapricciante per la protagonista e di conseguenza trasmettere una reazione analoga al lettore. Invece questo a me non è successo. Ho trovato le reazioni della giornalista impersonali e distaccate, non ho provato empatia, come invece mi è accaduto per altri romanzi (vedi "Scomparsa" di Chevy Stevens).

Il filo conduttore, oltre alla violenza, dovrebbero essere le voci, appunto, quelle della radio, quelle che la protagonista imprime nel suo registratore durante le interviste, e, visto che non ci facciamo mancare niente, anche gli oggetti di casa sua parlano (LSD??). Anche questo aspetto non mi ha assolutamente intrigato, è tutto impersonale e piatto, non mi ha stimolato a volerne sapere di più sulla radio e i suoi meccanismi. 

Insomma un fiasco sotto ogni punto di vista, dello stile, del linguaggio, del ritmo narrativo, dei personaggi, del giallo in sé per sé, del finale. Finale scontato, ovviamente, con tanto di confessione registrata su nastro, una confessione di ben 13 pagine, TREDICIIIIIII! Che sconvolgono tutto il resto del libro perché a quel punto non capisci più se mentiva la vittima, se mentiva la sorella mentalmente disturbata, o la madre, o l'assassino, o tutti. 

Ragazzi, una faticaccia finire questo libro, ma l'ho fatto per voi, per potervi raccontare quanta astrusità possono contenere 300 pagine, e per la Challenge ovviamente. 
Non leggerò mai più niente di Dacia Maraini, giurin giurello.








2 commenti:

  1. Purtroppo capita di imbattersi in letture "no"... Io della Maraini ho letto qualche cosa ma questo libro mi manca. Credo proprio che lo eviterò se proprio volessi cercare qualche cosa di suo. Ps. grazie per lo sforzo di essere arrivata fino alla fine ;-)

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    1. Ciao Stefania, per favore dimmi che una autrice famosa come la Maraini è riuscita a creare qualcosa di passabile, perché io non avevo mai letto niente di suo, ma resta il fatto che qui mi crolla il mito delle "eccellenze italiane". Grazie per il supporto, leggere a volte è un mestiere insidioso. :D

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