domenica 16 giugno 2019

Recensione. "La dama di Barcellona" di Daniel Sanchez Pardos. Atmosfere cupe e l'ineguagliabile fascino di Barcellona.

Benritrovati lettori, sono diverse settimane che non vi parlo di libri, ma dovete sapere che i miei momenti di lettura sono stati alquanto altalenanti di recente, a causa di altri progetti che sto portando avanti a livello lavorativo, col risultato che ho letto pochissimo nel mese di maggio e poi ho divorato quattro libri voluminosi nel giro di dieci giorni.
E' il momento di rimettermi in pari con le recensioni, quindi procediamo.


Trama:
1854, Barcellona. Una città soffocata dalla paura e da un'incombente epidemia di colera è il palcoscenico di una serie di morti misteriose. Quando il cadavere di una fanciulla viene ritrovato in fondo al pozzo di un monastero, da tempo immemore al centro di oscure leggende, il terrore non può che fomentare l'immaginazione popolare. Octavio Reigosa, ispettore del Corpo di vigilanza, sarà chiamato a indagare sui crimini che sconvolgono la città e sugli assurdi miracoli che l'anziano vescovo Riera si ostina a leggere come altrettanti segni dei tempi. Non solo: cosa si nasconde dietro l'estrema segretezza della clinica psichiatrica Neothermas, diretta dal dottor Carrera? A dipanare questo folle intrico di sacro e profano interverrà Andreu Palafox, giovane chirurgo con un passato torbido, affiancato dalla conturbante scrittrice Teresa Urbach e dalla sua ingegnosa e giovane governante. Ma, soprattutto, Palafox ha un dono, o forse una maledizione: «abitare il tempo sacro»...

Quando ho scelto di leggere questo libro, mi sono lasciata incantare soprattutto dal titolo e dalla copertina e, sebbene sia il titolo che l'immagine si sono rivelati leggermente fuorvianti, devo dire che è stata una lettura densa e piacevole.
E come potrebbe essere altrimenti, quando un bravo narratore mette insieme tre ingredienti che adoro: Barcellona, l'800 e il crimine.

Non avevo ancora letto niente di questo autore, probabilmente per pigrizia, ma anche per timore dei "casi editoriali dell'anno" che alla fin fine spesso deludono le aspettative. Ho dovuto ricredermi. 

L'atmosfera un po' cupa di questa Barcellona divisa tra la tradizione e il progresso mi ha appassionato, così come i personaggi ben delineati e, nonostante quel noto prurito nei riguardi delle pressioni tentacolari del clero non mi abbia abbandonato fino alla parola fine, questo romanzo me lo sono proprio gustato.

Nella metà del 19esimo secolo, Barcellona è ancora prigioniera delle sue mura medievali. Gli industriali tirano da una parte, gli ecclesiastici dall'altra e le forze dell'ordine faticano a tenere tutti a bada. Alla vigilia della decisione di abbattere le antiche mura, in un periodo di scioperi, mentre l'aumento di densità della popolazione mette a rischio la salute collettiva, e credenze popolari e superstizione si affiancano a un rigido cattolicesimo, la città è scossa dal ritrovamento di un cadavere di una giovane donna, in perfetto stato di conservazione, all'interno di un sarcofago nei sotterranei di un monastero.

Subito si grida al miracolo, ma Andreu Palafox, ex medico chirurgo con il dono, o la maledizione, di "abitare il tempo sacro" e l'ispettore Octavio Reigosa capiranno presto che si tratta di omicidio. Affiancati nelle indagini da un coro di improbabili personaggi, tra cui la scandalosa scrittrice Teresa Urbach e la cameriera tredicenne Adela, sveleranno un atroce piano di vendetta che, alla fine, farà luce anche sul passato di Andreu e su un momento molto buio della sua carriera di medico.

Il romanzo è denso, corposo, colmo di atmosfere intriganti e misteriose, di personaggi con cui si entra subito in sintonia, e Pardos ha il grande dono di saper miscelare accuratamente la storia con la fantasia, di mettere in contrapposizione sacro e profano svelandone oggettivamente meriti e debolezze, raccontando la storia di una città sporca umida e maleodorante, ma sempre tremendamente affascinante.