domenica 11 agosto 2019

Recensione. "Il tredicesimo dono" di Joanne Huist Smith. Una vera favola natalizia

Buonasera lettori. E' vero che sentir parlare di Natale in questo periodo dell'anno non è proprio il massimo e quando mi è stato assegnato come obiettivo della Challenge "leggere un libro ambientato a Natale" sono andata un po' nel pallone. 

Capiamoci, a me piace il Natale e l'atmosfera natalizia, ma in questo periodo sono in vena di storie un po' più avventurose, se non addirittura macabre. L'idea era quella di leggere un bel giallo ambientato a Natale ma la chiusura estiva delle biblioteche ha ostacolato i miei piani. Dunque stavo ripiegando su una raccolta di racconti noir, scritti da autori celebri, ambientati durante le festività natalizie, ma all'improvviso mi sono resa conto che la cosa stava prendendo una piega leggermente sacrilega, se capite cosa voglio dire.

Quindi ho dirottato la mia scelta su un romanzo più leggero, a tema "a Natale siamo tutti più buoni", e ho deciso che terrò in serbo la raccolta di racconti "Nero Natale" per le feste invernali, per stemperare la magia natalizia quando rischierò di essere sopraffatta da cotanta bontà che, francamente, non è nella mia natura. 

Trama:
«Mamma, abbiamo perso l’autobus.» È la mattina di un freddo e grigio 13 dicembre, e Joanne viene svegliata improvvisamente dai suoi tre figli in tremendo ritardo per la scuola. Ancora non sanno che quel giorno la loro vita sta per cambiare per sempre. Mentre di corsa escono di casa, qualcosa li blocca d’un tratto sulla porta: all’ingresso, con un grande fiocco, una splendida stella di Natale. Chi può averla portata lì? Il bigliettino che l’accompagna è firmato, misteriosamente, «I vostri cari amici». Mancano tredici giorni a Natale, e Joanne distrattamente passa oltre: è ancora recente la morte di Rick, suo marito, e vorrebbe solo che queste feste passassero il prima possibile. Troppi i ricordi, troppo il dolore. Ma giorno dopo giorno altri regali continuano ad arrivare puntualmente, e mai nessun indizio su chi possa essere il benefattore. La diffidenza di Joanne diventa prima curiosità, poi stupore nel vedere i suoi figli riprendere a ridere, a giocare, a divertirsi insieme. Sembra quasi che stiano tornando a essere una vera famiglia. E il mattino di Natale, mentre li guarda finalmente felici scartare i loro regali sotto l’albero addobbato, Joanne scopre il più prezioso e magico dei doni. Quello di cui non vorrà mai più fare a meno, e il cui segreto ha scelto di condividere con i suoi lettori in questo libro suggestivo, profondo ed emozionante. Il tredicesimo dono riesce così ad aprirci gli occhi sulla gioia che ci circonda sempre, anche nei momenti più impensabili. Sulle sorprese inaspettate che la vita sa regalarci. E sulla felicità improvvisa che tutti possiamo donare a chi ci sta accanto, non smettendo mai di credere nella forza e nella generosità dei nostri cuori. 


La storia è narrata in prima persona da Joanne, che racconta di come è cambiata la sua famiglia in quel Natale del 1999. Rimasta vedova da poco più di due mesi, all'avvicinarsi delle festività Joanne si rifiuta di entrare nello spirito natalizio. I suoi tre figli, Megan di 10 anni, Nick di 12 e Ben di 17, reagiscono al dolore della perdita del padre a modo loro. In casa sembrano quattro estranei, ognuno chiuso a riccio nel proprio dolore, finché è lo spirito natalizio di qualcun altro che va a bussare alla loro porta.

Seguendo la filastrocca The twelve days of Christmas, ogni sera compare davanti alla loro porta un regalino, consegnato da sconosciuti, accompagnato ogni volta da un biglietto di auguri fatto a mano e firmato "i vostri veri amici".


Inizia così una sorta di caccia all'uomo: Joanne e i ragazzi si incuriosiscono ogni giorno di più su chi possa essere l'anonimo benefattore. Preparano appostamenti dai punti più disparati della casa per cogliere il donatore seriale in flagrante, ma questa persona sembra essere un ninja, astuto e invisibile.

Col passare dei giorni, mentre Joanne "indaga" tra familiari e conoscenti cercando di capire chi sia a mandare i regali, i muri che si è creata attorno per superare il lutto iniziano a crollare. Si lascia convincere da sua figlia a comprare l'albero di Natale e ad addobbare la casa. Spuntano fuori libroni di ricette per preparare la succulenta cena della vigilia. Passa intere giornate nei centri commerciali ad acquistare regali. Infine riesce persino a rimettere piede nella camera da letto in cui non è più entrata dopo la morte del marito per mettere via scatole e scatole di cose da dare in beneficenza.

Durante alcune di queste spedizioni fuori casa, così difficili da affrontare per lei, Joanne entra in contatto con delle persone che le aprono gli occhi sul modo di percepire l'assenza, il lutto, il dolore, l'oblio e di superare tutto con ottimismo. Joanne fa tesoro delle loro esperienze, e da lì, in modo quasi inconsapevole, mette in moto una catena di buone azioni che si ripercuotono su altre persone estranee a lei.  


Insomma, alla fine i regalatori seriali riescono nel loro intento di riunire la famiglia di Joanne il giorno di Natale e di far riscoprire loro la felicità che si prova nel donare più che nel ricevere. Ma solo nel 2014, anno di stesura del romanzo, Joanne arriverà a conoscere quelle persone, mosse da un intenso spirito di generosità e solidarietà, che hanno ribaltato la sua percezione della vita. 

Ora, se volete sapere se ci ho lasciato un pezzettino di cuore in questo romanzo, la risposta è no. Ha i tipici difetti del libro d'esordio, e, benché tratto da una storia vera, ci ho trovato delle forzature, soprattutto nei dialoghi e nelle descrizioni del caro estinto. Soprattutto alla bambina più piccola, Megan, credo siano state messe in bocca delle parole che una decenne non si sognerebbe mai. E per quanto riguarda Rick, il marito e padre perso in circostanze tragiche, ho trovato le descrizioni un po' troppo a misura di supereroe. Un pizzico in più di realismo non avrebbe guastato.

La narrazione è fluida e scorrevole, tanto da lasciarsi leggere in poche ore. La storia non è appesantita dal dolore e dalla tragedia, e non diventa mai stucchevole o melensa, ma i momenti più intensi del libro non mi hanno travolto di emozioni, ecco.

Cosa mi è rimasto di questo libro? La lezione fondamentale che la scrittrice voleva trasmettere io l'ho colta in pieno e l'ho apprezzata, anche se credo che non dovrebbe limitarsi alla feste natalizie. 



Io ne ho fatto il mio motto. Se lo facessimo tutti, il mondo sarebbe un posto migliore. Non solo a Natale, puoi. 


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