sabato 24 agosto 2019

Recensione. "Il manoscritto incompiuto" di Liam Callanan. La mia punizione

Buongiorno lettori. Io non vorrei incolpare nessuno, ma una delicata manina ha pescato per il mio obiettivo della Challenge il titolo di un libro che, se fosse stato mio e in formato cartaceo, probabilmente sarebbe finito nel water o in un falò estivo. 

Lo so, lo so, è sacrilego pensare di dare fuoco a delle pagine perché ogni libro in fondo ha una sua dignità, ma credetemi, questo se lo meriterebbe davvero.

Trama:
Leah Eady è abituata alle assenze del marito. Ogni volta che lavora a un nuovo romanzo, Robert scompare per qualche tempo, lasciando una nota con scritto: Torno presto. Stavolta, però, al posto del solito biglietto, Leah trova la prenotazione di un volo per Parigi a nome suo e delle figlie. Possibile che Robert voglia essere raggiunto? Eppure, arrivate in Francia, non c'è il marito ad accoglierle, bensì il suo manoscritto, incompiuto, che racconta di una famiglia americana che si trasferisce a Parigi. Seguendo gli indizi disseminati nel testo, Leah s'imbatte in una graziosa libreria del Marais, vicino alla Senna, con la facciata dipinta di rosso e una proprietaria che non vede l'ora di cedere l'attività. Quasi senza rendersene conto, Leah acquista il negozio e le centinaia di volumi stipati sugli scaffali, nella speranza che, in una di quelle storie, si celi un tassello del puzzle che la riporterà da Robert. Più passano le settimane, però, più Leah si sente rinascere: rispetto all'esistenza grigia che conduceva a Milwaukee, la vita parigina è un caleidoscopio di colori. E, tra le chiacchiere coi simpatici clienti della libreria e la magia dei libri che lei divora avidamente, Leah si rende conto che, con o senza Robert, è giunto il momento di prendere in mano la sua vita, e che tocca a lei scegliere il finale del manoscritto incompiuto da cui tutto ha avuto inizio

Come sapete se mi seguite da un po', le mie stroncature di solito sono veloci e coincise. Non ho nessuna intenzione di sprecare il mio tempo, il vostro e lo spazio sul web per un libro che non è degno della mia stima. Quindi procedo direttamente con l'elenco scrupoloso dei difetti di questa cosa (definirlo romanzo è troppo).


1. Un quarto del libro sembra un saggio dedicato a vita morte e miracoli di Lamorisse e Bemelmans, come se lo scrittore ci avesse voluto infilare a forza la sua tesina di laurea. Due ignoti per me, comunque, e se mi fossero rimasti ignoti la mia vita di certo non sarebbe cambiata in peggio.

2. Per i primi capitoli non si fa che parlare di Robert, nel bene e nel male, o le due cose contemporaneamente. A un certo punto mi sono chiesta con cosa tirasse a campare sta famiglia, poi si scopre che Leah fa la speechwriter. Ma quanto guadagna una che scrive discorsi e monta presentazioni Powerpoint per il rettore dell'università? Ma davvero ci campa una famiglia? Ma davvero riesce ad arrivare in Francia e ad acquistare una quota della libreria? Scherziamo?

3. Personaggi uno più improbabile dell'altro. Le figlie sono una tortura, Eleanor mi sembra un'adolescente svampita in taglia XXL. La protagonista, Leah, non l'ho inquadrata fino in fondo. Se l'intento dello scrittore era ricreare i tormenti interiori e le contraddizioni di una donna di mezz'età che ha perso il marito, beh c'è riuscito benissimo. Peccato che si fa fatica a starle dietro.

4. Il libro era partito bene, l'idea di fondo non sembrava troppo banale, ho perfino apprezzato l'umorismo delle prime pagine. Poi sono iniziate quelle. Quelle frasi. Periodi brevissimi. Punti. Troppi punti. Dannazione. Fastidioso, vero? 

5. Vorrei dedicare un paragrafo in particolare ai corsivi di questo libro. Ogni tre righe c'era un corsivo. Il corsivo serve per sottolineare una parola un po' fuori dal contesto. Bene, qui è tutto fuori contesto. Anzi sono tutti fuori di testa. 

6. L'azione, scordiamocela. Ci sono paragrafi talmente lunghi in cui Leah rimugina sui suoi pensieri che quando riprende la conversazione, bisogna tornare qualche pagina indietro e riprendere il filo della conversazione che si era persa per strada entrando nei meandri della mente della protagonista. Troppa introspezione, poca azione. Se volessimo ridurre questo libro all'azione, perderebbe tre quarti delle sue pagine. 

7. Poi, come per magia, nell'epilogo, nelle ultime 10 pagine, il tempo scorre velocissimo, tanto che ho fatto fatica a stare dietro a  tutti i cambiamenti nella vita di Leah e delle ragazze.

8. Il dialogo bizzarro tra Robert e Leah verso la fine del libro, pieno di punti sospensivi e frasi lasciate a metà. E' tutto un "ma io.. volevo.. ho fatto.. pensavo che.. che noi.." E che cavolo, no! Non si scrive così un dialogo, accidenti. 

9. Il finale è sconclusionato pari al resto del libro, ma non scontato. Avrei giurato che sarebbe finita esattamente in maniera opposta. E comunque a me non piacciono i finali aperti, ma ti prego sig. Callanan evita di scrivere il seguito, che è meglio non sprecare carta.

10. Insomma, personaggi da buttare, storia senza capo né coda, situazioni e dialoghi inverosimili, una madre che passa metà tempo a incolparsi di non essere brava abbastanza e poi quando è il momento di esserci per le sue figlie... beh, lei non c'è. Un padre che all'inizio viene osannato, poi si ritratta tutto, e alla fine non si capisce bene se sia stato un buon padre o un vigliacco. Sconclusionate anche le misteriose apparizioni di Robert a Parigi, di cui avrei fatto a meno volentieri. Tra l'altro una Parigi molto poco interessante, soprattutto se la si considera sotto il punto di vista del turismo dedicato esclusivamente a una bambina protagonista di una serie di libri che nessuno ha mai sentito nominare. 


Non leggete questo libro. 

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