sabato 10 agosto 2019

Recensione. "Cime tempestose" di Emily Bronte. Riflessioni su un amore malato.

Buongiorno lettori. Siete in vacanza? Vi state rilassando? State leggendo molto? Io leggo poco in questo periodo, preferisco approfittare del tempo libero e del sole per fare un po' di attività all'aria aperta, ma mi ritaglio del tempo per parlarvi delle mie letture. Oggi siamo in odore di classici, di quelli che sono pilastri portanti della letteratura, perché almeno una volta all'anno mi sembra giusto dedicargli dello spazio, anche se si tratta di ri-letture. 

Dite la verità, soprattutto le donne, se dico "libri ambientati nell'800" dove corre subito la mente? Zia Jane, ovviamente, e le sorelle Bronte. Quest'anno ho deciso di rileggere Cime Tempestose, guidata da un certa inquietudine nell'animo, che non saprei come descrivere se non come una smania per una lettura "scomoda". 

E di cose scomode in questo libro ce ne sono parecchie, molte più di quante ne ricordassi dalla mia prima lettura di questo romanzo, avvenuta diversi anni fa quando acquistai l'edizione economica che vedete in foto.


Trama:

Heathcliff e Catherine si sono conosciuti ancora bambini, nella grande casa di Cime Tempestose, una grande tenuta di campagna inglese. Lui è un ragazzo di strada, passionale, vendicativo, follemente innamorato di Catherine. Lei è un fanciulla viziata, capricciosa, follemente innamorata di Heathcliff. Ma struggenti e travagliate vicende familiari si opporranno al loro amore, per tutta la vita. Una storia d'amore travolgente, che consuma i suoi protagonisti, un intreccio a cui non si può resistere.




La storia ormai la conosciamo, ma se vogliamo approfondire la trama e i personaggi, alla mia età e con i tempi che corrono, devo dire che questo piccolo capolavoro mi ha portato a fare molte riflessioni.

Ora, teniamo presente che Miss Bronte era un tantino asociale, se così possiamo dire. Visse la sua breve vita praticamente confinata in casa, con due sole eccezioni: insegnò per sette mesi nella scuola di Law Hill e trascorse un anno in Belgio insieme a sua sorella Charlotte per migliorare la conoscenza delle lingue. Emily era distratta, disordinata e intrattabile, e viveva in un mondo tutto suo.

Questo suo modo di essere e di sentire, il suo legame strettissimo con la casa paterna e la brughiera si riflette ovviamente nel romanzo "Cime tempestose". Ne viene fuori un romanticismo portato all'estremo, con una nota gotica nelle descrizioni del freddo e dello squallore che dominano la residenza di Wuthering Heights, con dei personaggi dall'animo oscuro, spinti da sentimenti biechi di odio e di vendetta. 


In questo romanzo non c'è un solo personaggio mosso da carità, misericordia o generosità: perfino Nelly, la cameriera personale di Catherine che narra gran parte della storia, ammette più volte di aver agito in alcune occasioni seguendo un suo istintivo sentimento di rivalsa contro i suoi padroni.

Heathcliff è l'antieroe per eccellenza, le sue descrizioni fisiche mettono i brividi: non ride mai ma ghigna in modo diabolico. Catherine è insensibile, capricciosa e volubile. Edgar Linton è un mollaccione, e il suo essere riflessivo e pacato viene spesso messo in ridicolo. Hindley è un poco di buono, devastato dal lutto e dalla povertà poi peggiora nella vecchiaia. Perfino Joseph, il domestico, è burbero, bisbetico e irriverente. 


Nella seconda generazione delle due famiglie, i Linton a Thrushcross Grange e gli Heathcliff/Earnshaw a Wuthering Heights, questi sentimenti di odio vengono lievemente smussati ma si sa, la mela non cade mai lontano dall'albero. La piccola Catherine è degna figlia di sua madre, il giovane Linton è insopportabile e il giovane Hareton diventa la copia in miniatura di Heathcliff.

Un pandemonio, insomma. Tutti hanno qualcosa da recriminare, un motivo per odiare, un torto da vendicare. E l'amore, direte voi, questo amore tragico tra Catherine ed Heathcliff, che fine ha fatto?

In realtà entrambi ne parlano, e c'è una bella collezione di frasi decisamente evocative, ma non lo ammetteranno mai l'uno con l'altra, non fino al momento della morte di Catherine.

Tu mi amavi: che diritto avevi, allora, di lasciarmi? 
Che diritto, rispondimi, di sacrificarmi al tuo miserabile capriccio per Linton? 
Mentre né la miseria né la degradazione, né la morte, 
nulla di tutto quel che Dio e Satana potevano infliggerci, ci avrebbe separato, 
tu, di tua piena volontà hai fatto ciò. 
Non io ti ho spezzato il cuore, ma tu stessa: e il mio col tuo. 
Tanto peggio per me se sono forte. Ho forse bisogno di vivere? 
Che razza di vita sarà la mia quando tu... Oh, Dio! 
Io ti perdono per quello che hai fatto a me. 
Io amo il mio carnefice; ma il tuo? Come potrò?

Beh, io fatico a chiamarlo amore. E' una passione malata, l'ossessione per qualcosa che non si può avere, che li porta a ferirsi a vicenda continuamente, in vita e anche dopo la morte.

Catherine Earnshaw, possa tu non trovar mai riposo finché io vivo! 
Tu dici che io ti ho uccisa: tormentami, allora. 
Le vittime perseguitano i loro assassini, io credo. 
Io so di fantasmi che hanno errato sulla terra. 
Sta sempre con me... prendi qualunque forma... rendimi pazzo! 
Ma non lasciarmi in questo abisso, dove non ti posso trovare! 

Insomma, tutti lo celebrano come romanzo d'amore, ma non lo è! E' una storia disturbante di amori malati, brutti sentimenti covati fino alla morte, isteria, terrore, spiriti che perseguitano i vivi, personaggi che sanno come farsi odiare, e soprattutto, a eccezione della brughiera, tutte le scene si svolgono solo all'interno delle due case. Forse anche questa clausura contribuisce alla follia?

Io ho provato a immaginare questa storia se accadesse ai giorni nostri. Tanto per cominciare ci vedo una bella denuncia per stalking. Associazione a delinquere tra Earnshaw e Heathcliff. Poi i servizi sociali a casa di Heathcliff per maltrattamento di minori. Sequestro di persona ai danni della giovane Catherine Linton. E per concludere, necrofilia.

Un giudizio troppo severo, forse, nei confronti di un pilastro della letteratura ottocentesca. Però bisogna ammettere che di fantasia a quei tempi ce ne voleva tanta per apparecchiare una storia d'amore così sordida, quindi tanto di cappello a Emily Bronte. 


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