venerdì 25 gennaio 2019

Recensione. "Non avevo capito niente" di Diego De Silva, risate garantite tra una riflessione e l'altra

Buongiorno lettori, siamo al quarto libro dell'anno, che, per quanto mi riguarda, va a chiudere il primo mese della Reading Challenge a cui sto partecipando. La scelta, tra i vari titoli disponibili dettati dall'obiettivo, non cade a caso. Avevo già letto Terapia di coppia per amanti dello stesso autore e lo avevo adorato, ripromettendomi di leggere altre sue opere in futuro, ed eccoci qua, promessa mantenuta. 

Trama:
Vincenzo Malinconico è un avvocato napoletano che finge di lavorare per riempire le sue giornate. Divide con altri finti-occupati come lui uno studio arredato con mobili Ikea, chiamati affettuosamente per nome come fossero persone di famiglia. La sua famiglia vera, del resto, è allo sfascio: la moglie l’ha lasciato, i due figli adolescenti, amatissimi, hanno i loro sogni e i loro guai.
A Vincenzo Malinconico capitano improvvisamente due miracoli. Il primo è una nomina d’ufficio, grazie alla quale diventa difensore di un becchino di camorra, Mimmo ‘o Burzone, e si trova coinvolto in un’avventura processuale rocambolesca.
Il secondo miracolo si chiama Alessandra Persiano: la donna più bella del tribunale, che si innamora di lui e prende a riempirgli la vita e il frigorifero.
Ma il vero miracolo, per noi lettori, è la voce svagata, digressiva ed eccentrica intorno a cui ruota l’intero romanzo. Il vero miracolo è il pensiero storto e irresistibile di Vincenzo, che riflette su tutto quello che attraversa la sua esistenza e la sua memoria, seducendoci, di deriva in deriva, fino in fondo.


Vincenzo ha quarantadue anni, sulla carta è un avvocato, ma in realtà lavora poco e superficialmente, per passare il tempo divide le sue giornate tra lo studio (in realtà una stanza all'interno di un appartamento in condivisione con altri finti occupati) e il tribunale, vaga per la città senza meta, si ciba di quattro salti in padella, e cerca di mantenere un rapporto saldo con la moglie, che lo ha lasciato per un insipido architetto ma che continua a cercare Vincenzo per un po' di sano sesso, e con i due figli adolescenti, con i rispettivi problemi nella ricerca di una propria identità in cui riconoscersi adulti.
Nella calma piatta generale della sua vita, all'improvviso Vincenzo riceve una chiamata dal tribunale in cui viene richiesta la sua assistenza legale come avvocato d'ufficio: Mimmo o' Burzone, becchino di camorra, è stato arrestato dal momento che nel suo giardino è stata rinvenuta la mano di un cadavere. La seconda svolta nella vita dell'avvocato è Alessandra Persiano, avvocato civilista, bellissima, che perde la testa per lui.



Costretto da queste forze esterne a uscire dalla abitudinarietà in cui si è cullato finora nella sua vita, Vincenzo getta le vesti da perdente e si riscopre talmente indignato dalle prevaricazioni fisiche e psicologiche che la gente normale subisce quotidianamente al punto di mettersi in pericolo sfidando quella gerarchia non scritta ma nota a ogni napoletano. 

Seguiranno quindi rocambolesche avventure, con una sfilata di personaggi molto coloriti, e anche se non parlerei di una vera e propria trama, a guidare il lettore è il costante flusso di coscienza di Vincenzo, un punto di vista disincantato, ironico, mai banale, su ogni aspetto della vita: l'arrabattarsi nella giungla dei liberi professionisti, la paternità, la musica (a un certo punto mi ha ricordato il Nick Hornby di Alta Fedeltà), la mutazione generazionale sul modo di percepire la bellezza, le relazioni, e addirittura una riflessione fuori dalle righe ma quanto mai azzeccatissima sul senso di esistere della camorra a Napoli.
Il finale è stata una piacevole sorpresa, in linea con lo stile di De Silva, e mi ha incuriosito, se possibile, ancora di più a leggere altri libri con Vincenzo Malinconico come protagonista.





















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