lunedì 4 febbraio 2019

Recensione. "L'alienista" di Caleb Carr, entrare nella mente del serial killer

Buongiorno lettori, siamo giunti al secondo mese della Challenge a cui sto partecipando e oggi vi parlo di un delizioso giallo, andato in stampa trenta anni orsono, eppure riscoperto solo in virtù del fatto che ne è stata tratta nel 2018 una serie tv Netflix. 


Trama:
New York 1896. Il reporter John Schuyler Moore riceve la chiamata inaspettata di Laszlo Kreizler – psicologo e “alienista” –, un suo amico di vecchio corso. Il dottore lo prega di raggiungerlo al più presto per assistere al ritrovamento di un cadavere. Il corpo è stato orrendamente mutilato e poi abbandonato nelle vicinanze di un ponte ancora in costruzione. La vista di quel macabro spettacolo fa nascere nei due amici un proposito ambizioso: è possibile creare il profilo psicologico di un assassino basandosi sui dettagli dei suoi delitti? In un’epoca in cui la società considera i criminali geneticamente predisposti, il giornalista e il dottore dovranno fare i conti con poliziotti corrotti, gangster senza scrupoli e varia umanità. Scopriranno, a loro spese, che cercare di infilarsi nella mente contorta di un assassino può significare trovarsi di fronte all’orrore di un passato mai cancellato. Un passato pronto a tornare a galla di nuovo, per uccidere ancora.


A narrare la vicenda è John Moore, che a seguito della morte di Theodore Roosevelt, ventiseiesimo presidente degli Stati Uniti e suo amico dall'infanzia, avvenuta nel 1919, decide di rispolverare uno dei casi di assassinio seriale più agghiaccianti della storia d'America. 
Siamo nel gennaio del 1896, John Moore è un giornalista del Times e Teddy Roosevelt è il Presidente della Commissione di Polizia della città di NY, quando viene rinvenuto il cadavere orrendamente mutilato di un bambino che si prostituiva truccato e vestito da donna. Ci troviamo però anche in un delicato contesto storico e sociale: la commissione Lexow, di cui Roosevelt è un esponente di rilievo, sta attuando una serie di riforme volte a spazzare via la corruzione scoperta in seno alla polizia di New York.
Roosevelt decide di affidare le indagini ad un alienista, il dottor Laszlo Kreizler, esperto di psichiatria legale: l'indagine di Kreizler, però, che si svolge parallelamente a quella ufficiale (e piuttosto rozza aggiungerei) portata avanti dalla polizia, deve restare nell'ombra, dal momento che si scontrerebbe  con reazioni molto negative da parte dell'opinione pubblica che aborrisce i metodi dello "strambo dottore" e in linea generale preferisce sorvolare su delitti "scomodi", fingendo che non siano mai nemmeno avvenuti.

Nessuna sorpresa, dunque, se i giornali non avevano mai accennato 
agli altri due omicidi. Come aveva detto Roosevelt, i delitti apparentemente
irresolubili e che colpivano i poveri e gli emarginati venivano a malapena
registrati dalla polizia, e le indagini erano ridotte al minimo;
quando poi le vittime appartenevano a quei settori della società
di cui generalmente non si riconosceva neppure l'esistenza,
le possibilità che la vicenda venisse resa nota si assottigliavano ancora di più.
Mi chiesi per un attimo come avrebbero reagito i miei superiori del Times
se avessi proposto di pubblicare un servizio su un bambino che si guadagnava da vivere
dipingendosi la faccia come una prostituta e
vendendo il proprio corpo a uomini più vecchi,
e che era stato orribilmente martoriato in un angolo buio della città.
Sarebbe stata già una fortuna ottenere un rifiuto, 
perché era assai più probabile finire internati d'autorità nel manicomio di Bloomingdale.



Si apre quindi una caccia all'uomo che uccide giovanissimi prostituti dei quartieri degradati e ne mutila parti del corpo, sebbene i presupposti non siano poi così facili da decifrare. Affiancato dal giornalista John Moore, dalla segretaria della polizia Sara Howard, e dai due detective Marcus e Lucius Isaacson, il dottor Kreizler analizza il materiale che riesce a ricavare dalle autopsie e il contesto familiare delle vittime, mettendo insieme i pezzi sparpagliati di un puzzle e riuscendo, contro ogni previsione, a ricreare un profilo fisico e psicologico del serial killer. 




I metodi sono a dir poco inusuali per l'epoca, la dattiloscopia ad esempio era ancora una scienza incerta e non accettata dai tribunali, senza contare che il lavoro di Kreizler non è visto di buon occhio: era opinione diffusa che i criminali fossero geneticamente predisposti a diventare tali e il termine psicopatico veniva applicato nella quasi totalità dei casi di atti di disumana violenza, senza indagare a fondo la questione della reale malattia mentale.
Come se ciò non bastasse, all'interno del libro troviamo anche la solita scomoda discriminazione sessista. Sara Howard è infatti una delle prime donne assunte all'interno del dipartimento di polizia, una scelta che all'epoca ovviamente diede scalpore e all'interno dell'indagine scatena un'ondata di commenti oltraggiosi da parte dei funzionari di polizia della vecchia guardia.
L'indagine si rivela ricca di insidie: la squadra dovrà affrontare il disprezzo e l'ostracismo non solo da parte dei poliziotti corrotti ma anche da parte di tutti quegli individui che detengono il potere sulle masse e che hanno a cuore lo status quo: gangster della peggior risma, preti, vescovi, magnati della finanza, omertosi tenutari di bordelli, e non ultimi i diffidenti parenti delle vittime dell'assassino. 
Nel corso degli eventi, per di più, il coinvolgimento totale nell'indagine da parte dei protagonisti inquinerà anche la loro sfera privata e, in una sorta di gioco del gatto col topo, ci saranno vittime collaterali, oltre a quelle designate dal killer. 

Per tutta la notte non avevo fatto altro che ripensare
alle parole di Kreizler dopo la morte di Mary Palmer;
nella foga di sconfiggerlo, avevamo semplicemente 
offerto al male un terreno più vasto in cui manifestarsi.

Il ritmo narrativo non è serrato come quello di un moderno thriller, e credo sia stata una precisa scelta stilistica dell'autore, che in questo modo, e attraverso il racconto retrospettivo di un protagonista che a posteriori sa ma rivela un po' alla volta, approfondisce in maniera magistrale aspetti inconsueti rispetto agli standard a cui siamo abituati con i gialli contemporanei. 

Ho apprezzato molto, ad esempio, l'analisi dei procedimenti investigativi che all'epoca erano d'avanguardia e che ora formano le basi delle nozioni di profiling usate dai servizi di intelligence americani. Molto interessante anche l'ampio spazio dedicato alla psicologia criminale, alle teorie che nel 19esimo secolo mettevano in discordia gli esperti del settore, al ruolo che il contesto familiare e sociale gioca nel processo di crescita e di identità dei giovani. 

Attento - mi interruppe Kreizler -  stai per dire che nasciamo con concetti 
specifici a priori di bisogno e di desiderio: un ragionamento comprensibile, forse,
se esistessero prove in tal senso, Ma fin dall'inizio l'organismo conosce un solo istinto,
quello della sopravvivenza, e se è vero che per la maggior parte della gente
è più o meno strettamente legato al concetto di madre,
se l'idea di madre suggerisse frustrazione o addirittura pericolo,
anziché sostentamento e cura amorosa, 
l'istinto di sopravvivenza ci spingerebbe a strutturare diversamente
la nostra visione del mondo.


Anche l'ambientazione è molto ben delineata: i richiami storici sono un valore aggiunto alla trama, l'analisi e la critica sociale si intersecano perfettamente alla vicenda, i particolari macabri dei delitti e la descrizione senza veli dei quartieri malfamati di New York, dei bordelli squallidi, delle case popolari, danno un tono noir che rende il romanzo difficilmente classificabile solo con l'etichetta di giallo; l'ho trovato molto ben strutturato sotto tanti punti di vista, e non ho percepito la carenza, come dicevo, del ritmo serrato tipico di un thriller mozzafiato. 
I personaggi sono accattivanti nelle loro peculiarità: John si smentisce poco nel suo ruolo di libertino di buona famiglia; i fratelli Isaacson sono una macchietta quando discutono tra di loro ma sul piano professionale sono dei validissimi investigatori; Sara è audace e ostinata a dimostrare il suo valore come detective, e più volte nel corso del romanzo si dimostrerà molto più coraggiosa e intuitiva dei suoi colleghi maschi, senza contare che il suo punto di vista di donna si rivelerà un preziosissimo apporto nel corso dell'indagine; e Laszlo, beh che dire, il tipico dottore geniale ma con qualche deficit nell'interazione sociale, che tuttavia si ammorbidisce un pizzico quando rivela il suo insospettabile amore per una governante (non aggiungo altro se no spoilero, a meno che non abbiate già guardato la serie tv). 
Non entro particolarmente nel merito del finale, anche perché, avendo guardato la serie tv lo scorso autunno, non mi aspettavo niente di diverso. Un finale che qualcuno potrebbe giudicare prevedibile, ma che d'altronde è perfettamente in linea con il ritmo narrativo e i personaggi. 
Unica pecca, che mi ha lasciato interdetta, riguarda un particolare della vita di Teddy Roosevelt: stando al libro la madre del presidente sarebbe morta poche ore dopo che la moglie di Roosevelt morì di parto dando alla luce la primogenita Alice Lee. Invece su Wikipedia e in altre biografie si narra che avvenne il contrario, cioè che  la moglie morì giovane, a causa di insufficienza renale non diagnosticata, (a quei tempi chiamata morbo di Bright) due giorni dopo la nascita della loro figlia Alice. La sua gravidanza aveva mascherato la malattia. La madre di Theodore Roosevelt, Mittie, morì di febbre tifoide lo stesso giorno, alle 3 del mattino, circa undici ore prima, nella stessa casa.
Mi auguro si tratti di un errore di traduzione, perché anche un dettaglio, in un romanzo di tale accuratezza storica e sociale, può fare la differenza.
Direi che rispetto al solito mi sono dilungata abbastanza, romanzo consigliatissimo sotto tutti i punti di vista, ora non mi resta che leggere il seguito, in attesa della seconda stagione della serie tv. 

Immagini - disse Kreizler - di entrare in una stanza grande e cadente 
in cui riecheggiano le voci di persone che borbottano continuamente tra sé. 
Tutt'intorno a lei queste persone si buttano in ginocchio, alcune piangono.
Dove si trova? - La risposta di Sara fu immediata: - In un manicomio.
- O in una chiesa - ribatté Kreizler. 
Nel primo caso tale comportamento sarebbe stato considerato folle;
nel secondo, non soltanto normale, ma anche rispettabile. 
























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