domenica 21 luglio 2019

Recensione. "Io uccido" di Giorgio Faletti. Pagine sprecate

Buongiorno lettori, oggi vi parlo di un libro che non avrei mai letto per mia libera scelta, e non mi sarei persa granché. Quando le Ciambelle mi hanno assegnato l'obiettivo per la Challenge "leggi un libro di Giorgio Faletti", ho pensato che era ora di dare una chance a questo autore di cui si è quasi sempre parlato bene. Devo dirvi che secondo me è sopravvalutato, ma procediamo con ordine.

Trama:
Un DJ di radio Monte Carlo riceve, durante la sua trasmissione notturna, una telefonata delirante. Uno sconosciuto rivela di essere un assassino. Il caso viene archiviato come uno scherzo di pessimo gusto. Il giorno dopo un pilota di Formula Uno e la sua compagna vengono trovati orrendamente mutilati. Da questo momento ha inizio una serie di delitti, preceduti ogni volta da una telefonata con un indizio musicale sulla prossima vittima e sottolineati da una scritta tracciata con il sangue che è nello stesso tempo una firma e una provocazione: «io uccido». Per Frank Ottobre, agente dell'FBI in congedo temporaneo, e Nicolas Hulot, commissario della Sureté Publique, inizia la caccia a un fantasma inafferrabile. Di fronte a loro un agghiacciante dato statistico. Non c'è mai stato un serial killer nel Principato di Monaco. Adesso c'è. 







Riguardo alla trama non c'è molto da dire, in fondo segue gli stereotipi del thriller. C'è un folle assassino, con degli evidenti disturbi mentali, che si prende gioco della polizia monegasca lasciando indizi quasi irrisolvibili, a meno che non si sia degli esperti di musica. In questo caso l'esperto di musica è un ragazzino con un handicap, che se all'inizio si rende utile a un certo punto manderà in fumo tutti gli sforzi degli investigatori. Io l'avrei come minimo strozzato, anche perché si dimostra tutt'altro che un ragazzino stupido.

Ma parliamo dell'ambientazione e dei personaggi.

In primo luogo, perché uno scrittore italiano deve ambientare un thriller, peraltro così corposo, non in Italia ma a Montecarlo? Io se leggo un thriller scritto da un italiano mi aspetto un'ambientazione italiana e personaggi italiani, qualcosa in cui riconoscermi e in cui riconoscere le abitudini, i riferimenti sociali, eccetera.


Idem per i personaggi, visto che qui ne abbiamo di diverse provenienze. Passi per la Sureté Publique di Monaco. Ma perché andarci a mettere pure un investigatore americano dell'FBI che per metà ha origini siciliane? Il passato del detective Frank Ottobre mi è sembrato un po' troppo costruito e poco naturale, stessa cosa per quanto riguarda la sua relazione con la sorella di una delle vittime. 

Insomma, sembra il brutto scopiazzamento di thriller americani decisamente meglio congegnati. Un calderone di personaggi e situazioni già visti in millemila episodi di serie tv crime, con la pretesa di entrare a tutti i costi nella mente di OGNI SINGOLO PERSONAGGIO, il che non aggiunge niente alla storia se non pagine in più. 

Poi vogliamo parlare della morte improvvisa a metà libro di uno dei protagonisti? Qual è il senso? Mi è sembrato uno stratagemma in extremis per allungare il brodo di altre 200 pagine. 

In questo libro c'è troppo di tutto: troppe descrizioni, troppe introspezioni, troppo passato, troppe tragedie personali, troppi elementi splatter cinematografici. Un libro che non mi ha lasciato niente, se non la sensazione di tempo sprecato. 


Unica nota positiva, l'ironia che accompagna la descrizione della morte delle vittime. Credo che Faletti (pace all'anima sua) non potesse sfuggire al suo passato da comico, forse sarebbe stato meglio continuare su quel sentiero. Non credo leggerò mai altro di questo scrittore, si è capito, vero?



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