martedì 26 marzo 2019

Recensione. "La mano sinistra di Dio", di Jeff Lindsay. Un thriller agghiacciante come pochi

Cari lettori, rieccomi con la recensione del secondo libro letto negli ultimi giorni, "La mano sinistra di Dio", di Jeff Lindsay, il primo della serie dedicata a Dexter Morgan e che ha ispirato l'omonima serie tv. Libro che decisamente rientra nei parametri delle buone letture e che, per fortuna, scalza il sapore cattivo che mi aveva lasciato il libro precedente.

Trama:

Spaventoso Giano Bifronte, Dexter è il miglior esperto della Scientifica di Miami: nessuno come lui sa ricostruire la dinamica di un omicidio in base alle tracce di sangue sulla scena del delitto. Ma è anche il più astuto e inafferrabile serial killer della Florida. Quando c'è luna piena e nella sua mente giunge il richiamo del Passeggero Oscuro, non può resistere all'impulso assassino. 'Deve' trovare una vittima da sottoporre al suo macabro e spietato rituale. Tuttavia Dexter ha un rigoroso codice etico. Non ucciderebbe mai un innocente, ma non ha nessuna pietà per pedofili e maniaci di ogni genere. È un serial killer di serial killer. Perché questo gli ha insegnato il suo defunto padre adottivo, l'integerrimo poliziotto Harry Morgan, dopo averne intuito la latente vocazione omicida: giustiziare solo chi se lo merita, farsi mano sinistra di Dio. Quando a Miami vengono scoperti alcuni corpi smembrati con la sua stessa tecnica e si scatena la caccia al misterioso emulo, le due anime di Dexter vengono drammaticamente a confrontarsi. Come trovarlo senza a sua volta farsi smascherare dalla sorella, la poliziotta Debbie Morgan, per la quale l'indagine potrebbe essere l'occasione per mettersi in mostra? Come seguirne le tracce senza insospettire la tenace detective LaGuerta della Squadra Omicidi, pronta a tutto pur di fare carriera? Come arrivare alla verità e sopravvivere al confronto con il proprio lato più oscuro e spaventoso? Raccontato in prima persona da un protagonista che rivaleggia, per crudeltà e acutezza, con Hannibal Lecter, "La mano sinistra di Dio" è un thriller tagliente come un bisturi, un inedito viaggio in una mente lucida nella sua follia, un romanzo originalissimo e geniale

Dexter, per chi non avesse imparato a conoscerlo attraverso la serie tv di successo, è l'esperto forense della polizia scientifica di Miami specializzato nell'analisi delle macchie di sangue. Di notte, però, spinto da un misterioso macabro bisogno, che Dexter identifica col nome di Passeggero Oscuro, si trasforma in un serial killer. Non un killer qualunque, il killer dei serial killer: la mano sinistra di Dio, il vendicatore dei bambini e degli emarginati. Si, perché a dispetto della sua evidente sociopatia, Dexter ha un "codice etico", sviluppato quando era ancora solo un ragazzino, quando il suo padre adottivo, poliziotto di mestiere, aveva intuito le naturali inclinazioni di Dexter e gli aveva insegnato a "imparare a controllare la sua diversità e a usarla in modo positivo".


Mi insegnava a stare attento come solo un poliziotto poteva insegnarlo a un assassino.
A scegliere con cura tra coloro che se lo meritavano.
A esserne sicuro al cento per cento. E poi a essere preciso, a non lasciare tracce, 
a evitare qualsiasi coinvolgimento emotivo, perché è così che si commettono gli errori.
Lo stesso rigore si applicava a tutto il resto.
Dividere la mia vita in compartimenti. Socializzare. Imitare la vita.
Ero al di sopra di ogni sospetto, del biasimo e del disprezzo.
Un mostro pulito e ordinato, il ragazzo della porta accanto.


Dopo anni trascorsi come "infiltrato" tra i comuni mortali, Dexter ha perfezionato la sua recita: non si sente un essere umano, lui pensa e agisce come un lucido, glaciale e infallibile strumento di morte. E, nonostante la sua repulsione ai contatti intimi, la sua evidente incapacità di provare emozioni e di leggere tra le righe dei sentimentalismi umani, si è camuffato benissimo: un lavoro rispettabile, una sorella affezionata e persino una fidanzata.
Per restare al di sopra di ogni sospetto, e a dispetto (o in virtù) del suo particolare rapporto col sangue, Dexter è anche particolarmente bravo nel suo lavoro: un sesto senso, se vogliamo, o un profondo legame con i suoi simili, gli permettono di essere una preziosa risorsa per il dipartimento.
Finché Miami non inizia a riempirsi di cadaveri smembrati, le cui parti, incartate in sacchetti della spazzatura, sono lasciate in bella vista a beneficio della polizia. 
Dexter è combattuto: da un lato vorrebbe aiutare sua sorella Deborah a fare il salto di carriera passando da agente della Buoncostume a detective investigativa, ma d'altro canto si ritrova a idolatrare il nuovo serial killer, di cui ovviamente non condivide il fine ultimo (innocenti prostitute) ma ne ammira il metodo pulito e il senso artistico.

Una gamba bianca spuntò dal sacco, bianca 
ed eccezionalmente morta sotto i raggi del sole.
La gamba si interrompeva alla caviglia. Il piede era stato asportato con precisione.
Restava solo una piccola farfalla tatuata, cui mancava un'ala, sparita insieme al piede.
Mi sfuggì un fischio. L'assassino aveva fatto un bel lavoro, quasi chirurgico.
Non avrei saputo fare di meglio. "Molto pulito", commentai.
Ed era vero, non solo per quanto riguardava il taglio.
Non avevo mai visto un pezzo di cadavere così pulito, perfetto,
completamente dissanguato. Uno splendore.





Durante l'avanzamento delle indagini, oltre a dare le migliori dritte a sua sorella Deborah per farne risaltare le abilità investigative, Dexter si trova anche, suo malgrado, imbrigliato nel bizzarro corteggiamento di Migdia LaGuerta, la detective a capo delle indagini, una cubana molto sexy ma dall'intelletto decisamente limitato, "abile nella politica e leccapiedi quando serve".
Ora immaginate questi personaggi, sulla scena di una Miami invasa dalla malavita e dagli immigrati irregolari, meta turistica di giorno, polo di depravazione di notte, e immaginate di seguire la scena attraverso gli occhi di uno spietato killer dalla mente fredda, analitica e smisuratamente ironica sulla prevedibilità delle emozioni e delle bassezze umane. 

Ad ogni modo, seppure col suo metodo fuori dagli schemi, Dexter riesce a rintracciare l'assassino, e questo lo porterà a una tremenda scoperta sul suo passato sepolto nei recessi della sua memoria. Il killer delle prostitute non è uno qualunque e c'è un motivo ben preciso se fin dall'inizio Dexter ha sentito nei suoi confronti un legame viscerale, come se fosse il suo alter ego.
La nota negativa è che ho trovato questo finale piuttosto sbrigativo, soprattutto se devo paragonarlo alla serie tv, in cui gli avvenimenti di questo primo libro sono diluiti in ben 12 episodi.
Ho percepito più volte durante la lettura dei richiami ad "American Psycho" di Bret Easton Ellis, ma non c'è paragone. American Psycho mi aveva lasciato un senso di irrisolto, come un enorme punto interrogativo sul vero senso del personaggio e delle sue azioni: questo in confronto è un capolavoro sotto tutti i punti di vista.
Ho trovato, tra le altre cose, particolarmente accattivante un espediente letterario, che è stato tradotto impeccabilmente in italiano per rendere il gioco di parole dell'originale, cioè frasi di aggettivi che iniziano per D: il dubbioso, deragliato Dexter; il deviato, delirante Dexter; il depresso e derelitto Dexter; e così via.

Leggere questo libro dal punto di vista di Dexter, che a volte parla con se stesso, o di se stesso in terza persona, è stato estremamente affascinante, come guardare attraverso gli occhi di un alieno la pochezza e gli inutili affanni del genere umano, con uno stile linguistico limpido, schietto, disincantato ma così delirante da far accapponare la pelle. Un thriller consigliatissimo, e i sette libri del seguito sono già nella mia lista TBR. 





Nessun commento:

Posta un commento