martedì 11 ottobre 2016

Gli effetti collaterali del nazismo sulle donne. "La baracca dei tristi piaceri" di Helga Schneider e "Diario di Hannah" di Louise Lambrichs

Cari lettori, come credo capiti alla maggior parte di voi, ci sono periodi in cui si ha bisogno di vivere attraverso i libri determinate emozioni, per cui si sceglie di leggere una cosa piuttosto che un'altra, magari si mettono in fila sul comodino una serie di libri che a un profano sembrerebbero non avere una logica comune, eppure.. 
Ecco, è quello che è capitato a me quando ho deciso di abbracciare per un po' il tema del nazismo. "La baracca dei tristi piaceri" di Helga Schneider è un titolo che ultimamente compariva spesso tra le proposte del mio Gruppo di Lettura, bocciato ogni volta per motivi diversi, e in particolare perché una di noi, avendo già letto altro della Schneider, si rifiutava di concedersi a temi così crudi. "Diario di Hannah" di Louise Lambrichs è un'eredità capitata tra le mie mani un po' per caso, ignoto ai più e che mi pregio di diffondere con questo post.

E' un periodo di letture al femminile, ma soprattutto ero in cerca di emozioni drammatiche e crude, forse un retaggio di quel lato tenebroso del mio carattere che spesso tendo a reprimere. Dunque, affascinata molto anche dalla storia privata della Schneider durante la guerra (qui la sua toccante biografia), ho iniziato a leggere "La baracca dei tristi piaceri"..


Trama:
"Stava lì, l’aguzzina delle SS, capelli biondi e curati, il rossetto sulla bocca dura, l’uniforme impeccabile. Stava lì e pronunciò con sordida cattiveria: «Ho letto sulla tua scheda che eri la puttana di un ebreo. È meglio che ti rassegni: d’ora in poi farai la puttana per cani e porci»." Così racconta l’anziana Frau Kiesel alla scrittrice Sveva, dando voce a un dramma lungamente taciuto: quello delle prigioniere dei lager nazisti selezionate per i bordelli costruiti all’interno stesso dei campi, con l’ipocrita giustificazione di voler limitare l’omosessualità tra i deportati. Donne i cui corpi venivano esposti ai sadici abusi delle SS e dei prigionieri maschi che malgrado tutto preferivano rinunciare a un pezzo di pane per pochi minuti di sesso. Donne che alla fine della guerra, schiacciate dall’umiliazione, invece di denunciare quella tragedia fecero di tutto per nasconderla e seppellirla dentro di sé.
"

Che delusione! Nonostante la mia nota tendenza a fraternizzare con protagoniste dalla vita tormentata, il personaggio di Frau Kiesel non ha suscitato in me alcuna empatia. Il racconto senza dubbio dovrebbe farci riflettere su quanti orrori, a distanza di 70 anni, vengono ancora taciuti per vergogna, per pudore, sulla strategia e sulle abitudini sociali tenute in Germania durante la seconda guerra mondiale. Però questo libro mi è sembrato più un saggio con una pretesa di romanzo, piuttosto che un'opera narrativa vera e propria. La parte descrittiva, anche quella che dovrebbe suscitare più raccapriccio, l'ho sentita gelidamente asettica e scarna, come se l'autrice avesse snocciolato una serie di nozioni storiche farcite di testimonianze reali. Un vero peccato, perché credo che il tema meritasse di essere trattato molto più a fondo e che la narrazione andasse tratteggiata con maggiore delicatezza e trasporto. Mi meraviglio perché so che altre persone hanno apprezzato molto altri suoi libri, e vorrei ben vedere, chi meglio di lei potrebbe raccontare la tragedia vissuta sulla propria pelle? Quindi adesso sono molto combattuta tra l'impulso di leggere un altro suo romanzo o meno, per stabilire una volta per tutte se merita o no. Voi avete mai letto qualcosa di suo?

Nel "Diario di Hannah", invece, il nazismo è solo un contorno, uno sfondo addirittura un po' sfocato che dà l'input alla storia vera e propria. Diciamo che, piuttosto che parlare dell'orrore della guerra, qui l'autrice percorre una via secondaria e parallela che indaga sugli effetti collaterali della guerra. Hannah è costretta a rinunciare alla sua identità, alla sua famiglia originaria, per sfuggire alla deportazione, e infine, quando ha ormai  iniziato una nuova vita in Francia e si crede al sicuro, la situazione politica europea le infligge anche la rinuncia doverosa alla maternità. 



Trama:
"Possibile che un evento così comune come un aborto trasformi in maniera definitiva la vita di una donna?"
Intorno a questo tema, la rinuncia forzata a un figlio, si snoda la vicenda di Hannah, giovane ebrea, sposata e già madre di una bambina di quattro anni, che nella Francia occupata del 1943, è costretta ad abortire per l'insistenza del marito che non si sente di mettere al mondo un figlio in quella situazione. L'esperienza della guerra, che Hannah vive nella clandestinità della resistenza, e gli orrori della deportazione si sommano a quell'evento traumatico, da cui lei tenta di salvarsi scrivendo un diario che registra le vicende quotidiane della sua vita.
Ma tra le pagine si cela un segreto: la bambina non nata abita i sogni della madre, vive quasi di vita propria tanto che Hannah, presa tra realtà e fantasia, rischia di perdere la ragione. Come le vittime dell'Olocausto, anche la piccola non ha altro luogo dove riposare se non al fondo della memoria.
Giudicato il miglior libro del 1993 dalla rivista francese Lire, Diario di Hannah, rimasto a lungo nelle classifiche dei libri più venduti, scava nell'inconscio femminile intessendo una storia che unisce passato e presente in un vissuto interiore di grande intensità.


Ho molto apprezzato questo libricino per un sacco di motivi. I vari temi affrontati sono delicati e trattati come meritano: non solo la guerra, il nazismo, l'aborto, il desiderio di maternità infranto per sempre, ma anche e soprattutto numerose riflessioni sulla politica, sulla società ideale, sul matrimonio, sulla fedeltà coniugale, sulle relazioni tra genitori e figli, sull'autoanalisi interiore, sul potere catartico del raccontarsi, anche attraverso un diario, sul dolore alienante che rasenta la follia. Non mancano addirittura i colpi di scena, qualche tocco di assurde coincidenze e un finale dolcissimo. Mi sento assolutamente in dovere di consigliarvi questo libro, è una lettura intensa, scorrevole, multitematica, toccante, che fa riflettere sulla complessità delle emozioni delle donne. 













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