giovedì 31 gennaio 2019

Netflix. Gennaio a tinte noir


Buongiorno lettori, siamo arrivati già alla fine del primo mese del 2019, e ho deciso di inaugurare una nuova pagina del blog dedicata a cosa c'è di interessante su Netflix. 
Non pensate a me come a una critica cinematografica, per carità, mi limiterò a fare un resoconto di cosa ho guardato nel mese appena trascorso, cosa mi è piaciuto e cosa no, e perché. 

SERIE TV


Revenge - 4 stagioni (le prime 3 da 22 episodi, l'ultima da 23 episodi) 
Amanda Clarke, sotto la falsa identità di Emily Thorne, si trasferisce negli Hamptons, in cerca di vendetta sulle persone che hanno distrutto la sua famiglia. Suo padre, David Clarke, un ricco uomo d'affari con il quale ha passato la sua infanzia negli Hamptons, fu accusato, processato e condannato ingiustamente per aver partecipato a un'azione terroristica. Ad incastrarlo furono i Grayson, titolari della "Grayson Global", società della quale David faceva parte, in combutta con molti personaggi a loro vicini. La figlia Amanda invece venne divisa tra famiglie affidatarie e infine rinchiusa in un carcere minorile fino alla maturità. Uscita dal carcere venne accolta nella società da Nolan Ross, amico del padre, che le consegnò una scatola contenente i diari di David. Leggendoli Amanda scoprì la vera storia del padre e, dopo aver scambiato la sua identità con quella dell'amica Emily Thorne, intraprese il suo cammino di vendetta contro tutti i traditori del padre.

Mi sono trascinata questa serie dalle vacanze natalizie fino a gennaio e devo ammettere di averla iniziata con qualche reticenza, perché la trama di poche righe sulla piattaforma era piuttosto scarna. In realtà si è rivelata una serie appassionante, ricca di colpi di scena, certo con qualche cliché sulla bella vita degli Hamptons, ma i protagonisti sono resi umanamente veri, soprattutto Emily/Amanda, che sebbene super addestrata psicologicamente e fisicamente per attuare il suo piano di vendetta, rivelerà momenti di debolezza che me l'hanno fatta amare ancora di più. Qui non vi farete mancare niente: amore, sesso, affari, malavita, sparatorie, pirateria informatica, suicidi o presunti tali, bugie e mezze verità, tutto ruota attorno al fulcro della vendetta ben congegnata della protagonista. Una serie da non perdere. 



Vikings - 5 stagioni (la prima da 9 episodi, seconda e terza 10 episodi, quarta stagione da 20 episodi, quinta stagione per ora 10 episodi, ne saranno rilasciati altri 10 nel corso dell'anno)
La serie, ambientata nel IX secolo tra la Scandinavia e le isole britanniche, racconta in chiave romanzata l’arrivo dei Normanni in Europa, usando come pretesto narrativo le gesta del guerriero leggendario Ragnar Lothbrok. 

Ve ne parlo anche se tecnicamente a gennaio ho guardato la quinta stagione, ma questa serie merita, soprattutto se, come me, siete amanti delle serie a sfondo storico e "in costume d'epoca", con tanto di combattimenti, tradimenti e spargimenti di sangue. Tralasciando qualche incongruenza storica, resta un prodotto valido, i personaggi sono ben caratterizzati, avrete sempre qualcuno per cui fare il tifo e qualcuno da odiare. E poi, vogliamo parlare di quanto è bello il protagonista?? Appunto.


Una serie di sfortunati eventi - 3 stagioni (la prima da 8 episodi, la seconda da 10 episodi, la terza da 7 episodi). La serie è ispirata alla saga in 13 romanzi di Lemony Snicket, e racconta le rocambolesche avventure dei tre orfani Violet, Klaus e Sunny Baudelaire. Vi ricorderete sicuramente un fortunatissimo film del 2004 con Jim Carrey nei panni del conte Olaf, Meryl Streep nella parte di zia Josephine e Jude Law nel ruolo di Lemony Snicket. Bene, la serie tv ripercorre quanto già visto nel film e giunge alla conclusione della vicenda, dando un senso più ampio a tutto. 


Ambientazione stravagante, di epoca indefinita, sicuramente non moderna, personaggi allucinanti, avventure paradossali, risate a non finire. Datemi retta, una commedia (una farsa sotto certi punti di vista) che vi terrà ottima compagnia.


You - 1 stagione (per ora) da 10 episodi 
Joe, manager di una libreria di New York, si innamora di una giovane donna di nome Beck, una sua cliente. Il suo amore, però, si rivela una vera e propria ossessione, tanto da trasformare Joe in un violento maniaco. 

Ispirata al romanzo "Tu" di Caroline Kepnes, la serie tv racconta dal punto di vista del protagonista, in prima persona, l'evolversi di una pericolosissima ossessione amorosa

Lui lo ricorderete nei panni del romantico e imbranato Dan Humphrey di Gossip Girl, diciamo che il tipo gli si addice, anche in questa serie. Amante dei libri, lavora in libreria, restaura libri antichi, si direbbe un'anima sensibile. E invece nasconde un cuore nero, passioni torbide, un passato oscuro e tormentato e... Niente, se no vi rivelo il finale. Però, un bel prodotto, carico di suspense. Attendo con ansia il seguito.


Travelers - 3 stagioni ( le prime due da 12 episodi, l'ultima da 10)
In un futuro post apocalittico, migliaia di agenti speciali hanno il compito di impedire il collasso della società. Questi agenti operativi, conosciuti come viaggiatori, hanno inviato le loro coscienze indietro nel tempo e trasferite nel corpo di individui del presente sul punto di morire, per minimizzare l'impatto inaspettato sulla linea temporale. Il trasferimento richiede la posizione esatta del bersaglio, resa possibile dagli smartphone e dai GPS del XXI secolo. Preparati utilizzando i social media e documenti pubblici relativi ai loro obiettivi, ogni viaggiatore deve mantenere la vita preesistente dell'ospite come copertura per il resto della sua esistenza, mentre svolge missioni in gruppi di cinque. Queste missioni sono dettate dal Direttore, un'intelligenza artificiale del futuro che monitora la cronologia, volta a salvare il mondo da una serie di eventi catastrofici.

Io amo le ambientazioni distopiche e post-apocalittiche, e l'idea di base di questa serie tv l'ho trovata geniale. Certo, non dovremmo aver bisogno di viaggiatori venuti dal futuro per capire che con l'inquinamento, le guerre, la sovrappopolazione, eccetera, stiamo mandando a rotoli la vivibilità del nostro pianeta, ma se qualcuno, col senno di poi, potesse tornare indietro e impedire le peggiori catastrofi? Gli episodi sono disseminati di allusioni a un futuro in cui il paesaggio è diventato una desolata landa di ghiaccio, gli animali sono per lo più estinti e i pochi esseri umani scampati all'estinzione sono diventati vegani. Un futuro in cui le persone vengono chiamate per numero, in cui alcuni volontari vengono addestrati per diventare viaggiatori e, in nome della MISSIONE, devono riadattarsi dentro un corpo e una vita che non sono le loro, con tutti i pro e i contro della nostra epoca. Non mancheranno colpi di scena, fazioni che tradiscono, ostracismo da parte dei servizi speciali americani. C'è molto da ridere e molto su cui riflettere. 


The Haunting of Hill House - 1 stagione da 10 episodi
Scordatevi il romanzo di Shirley Jackson e il film "Presenze" del 1999. Hill House è la casa che una famiglia decide di comprare e ristrutturare nel corso di un'estate per poi rivenderla. Quello che non sanno, ovviamente, è che Hill House è infestata dai fantasmi.

Tralasciando le connotazioni horror che possono piacere o meno, la mini serie alterna presente e passato raccontando i complicati rapporti familiari, e le cicatrici di quell'estate inquietante, segnata dalle visioni e dalla morte, che ognuno si porta appresso, giungendo a un finale in cui, alludendo in maniera sottile e magistrale a una concezione non lineare del tempo, si svelano le verità terribili sulla casa e sui fantasmi che la infestano. Un horror che spaventa senza orchestrare complicate scenografie, con il ritmo narrativo e la suspense dosate al meglio. 





FILM
 Nick e Amy Dunne sono giovani e brillanti; una coppia apparentemente invidiabile. In realtà, i due mal si adattano alla vita della cittadina di provincia, dove sono stati costretti a trasferirsi a causa della malattia della madre di Nick e dopo aver perso il lavoro e la casa di New York. Soprattutto Amy, piuttosto viziata e capricciosa, fatica ad abituarsi alle ristrettezze economiche e alla mancanza degli agi cui era abituata. Poi, nel giorno del loro quinto anniversario di matrimonio, Amy scompare. Per Nick inizia l'incubo dei sospetti come primo indiziato: è privo di alibi e tutte le prove sembrano indicare lui come possibile assassino della moglie. Nick nega tutto e, per difendersi, avvia un'indagine parallela per scoprire cosa sia successo in realtà...

In questo film, tratto dal romanzo "L'amore bugiardo" di Gillian Flynn (il libro è tra quelli che leggerò a febbraio), la verità non è quella che sembra, almeno all'inizio. Mentre la polizia, i vicini e il paese intero che guarda le dirette tv e gli show in prima serata, puntano il dito contro Nick, si svelano a poco a poco le carte in tavola. Quello che all'inizio sembra un banale delitto passionale, diventa un angosciante vortice di false piste, menzogne, sospetti e tradimenti. Devo ammettere che da tempo non vedevo un film che indaga così a fondo un rapporto di coppia perverso e ambiguo, ai limiti del surreale; il finale lascia a bocca aperta per quanto smaschera l'ipocrisia insita nel matrimonio di facciata, e nei sorrisi di circostanza davanti a un pubblico che applaude. 


Bird Box, tratto dall'omonimo romanzo di Josh Malerman, è un horror fantascientifico che vede Sandra Bullock, nei panni di Malorie, lottare contro un'invasione aliena. La donna, madre di due bambini, farà di tutto per mettere in salvo i propri figli dalle sinistre creature extraterrestri, che tramite il contatto visivo causano una furia violenta negli esseri umani, portandoli alla pazzia. Con gli occhi bendati, la famiglia dovrà imbarcarsi in un viaggio di sopravvivenza per non soccombere alla minaccia.
Lo so, lo so, diciamo sempre di averne abbastanza dei survival horror e invece continuiamo a guardarli ogni volta che escono. Questo non fa eccezione per me, più che altro ero curiosa di capire cosa c'era di nuovo in giro e poi Sandra Bullock è un'attrice che adoro. 

Andando oltre al fatto nudo e crudo dell'apocalisse aliena che spinge le persone a suicidarsi, anche se effettivamente il film non approfondisce il come e il perché, l'aspetto che ho preferito del film è stato il percorso di crescita di una donna che, se prima dell'apocalisse era titubante su come gestire una gravidanza indesiderata, si ritrova a dover crescere due bambini in un mondo più che mai ostile. Dai modi un po' bruschi in nome della lotta per la sopravvivenza, traspare comunque una protagonista coraggiosa, che solo alla fine, una volta in salvo, si sbottonerà un po' quella armatura per dare di sé l'immagine della madre amorevole. 







domenica 27 gennaio 2019

Recensione. "Come tessere di un domino" di Zigmunds Skujins, umorismo e storia di un paese sconosciuto

Buongiorno lettori, oggi vi parlo di un libro che ho terminato qualche giorno fa ma di cui, per via di impegni più urgenti, ho dovuto rimandare la recensione. Visto che si tratta di un volume più che valido ho ritenuto doveroso ritagliarmi del tempo tra le incombenze casalinghe domenicali per parlarvene. 


 Trama:
In un antico maniero nei dintorni di Riga vive una famiglia del tutto speciale: il figlio di un’artista circense giramondo e il suo fratellastro giapponese, l’eccentrico nonno che con marsina e cappello a cilindro gestisce un noleggio di carrozze, un misterioso Aviatore e la malinconica Baronessa proprietaria della tenuta, discendente di una casata tedesca del Baltico. È seguendo i destini individuali e fatalmente intrecciati di questa bizzarra comunità che ci ritroviamo immersi nella tumultuosa storia della Lettonia, tra l’alternarsi delle dominazioni nazista e sovietica, la tragica sorte degli ebrei, e il tormentato costruirsi di una nazione che è sempre stata un crocevia di popoli, lingue e culture. Una saga famigliare attraverso le ferite del XX secolo a cui fa da perfetto controcanto l’avventura calviniana di Waltraute von Brüggen, nobildonna tedesca del Settecento che dopo aver perso il marito in guerra ne ritrova solo la metà di sotto, cucita alla parte superiore di un seducente soldato lettone. Richiamandosi l’un l’altra, le due storie si alternano e procedono parallelamente in un incalzante gioco affabulatorio, dando voce a un racconto d’amore, di perdita e desiderio, e a una memorabile allegoria intorno al significato di identità. Capolavoro di uno dei maggiori scrittori baltici del nostro tempo, questo romanzo ha il fascino di un realismo magico in versione lettone, capace di sorprendere, far ridere e riflettere, e di comporre in un domino letterario le tessere sparse della Storia europea.


Devo dire che i libri editi da Iperborea non mi hanno mai deluso e questo in particolare mi ha affascinata dalla prima all'ultima pagina. Vuoi per l'ambientazione inusuale visto che della Lettonia conoscevo solo la capitale e suppergiù la collocazione geografica, vuoi per l'umorismo nordico simile a quello di Paasilinna e Jonasson, vuoi per il duplice livello temporale che mi intrigava mentre cercavo di capire come erano connesse le due storie parallele, fatto sta che si tratta della lettura migliore dell'anno appena iniziato.

venerdì 25 gennaio 2019

Riciclo creativo. Cornice con foto fai da te decorata con pirografo

Buongiorno lettori e creativi, la mia intenzione è mostrarvi un po' alla volta nel corso del tempo gli oggetti che ho realizzato e regalato (Natale, compleanni, ricorrenze, ecc.). Oggi vi parlo di un lavoro fatto con legno di recupero e mooolta fantasia.


 La prima cosa è recuperare il legno, io ho tagliato alcune assi da un pallet con il seghetto alternativo.

 Sfruttando la conformazione naturale del legno e alcuni nodi e venature "artistici" ho posizionato le quattro assi a formare una cornice, le ho incollate e fissate con spine di legno.
















Da un'altra lastra di legno ho ricavato i due supporti su cui appoggiare la cornice. Ho disegnato il modello su un foglio di carta, l'ho riportato sul legno e ho tagliato con il seghetto alternativo. In seguito ho limato con la levigatrice le superfici più larghe e con il Dremel i punti interni.
 Qui vedete lo schizzo su carta del disegno da riportare con il pirografo sulla cornice.
 Ho rifatto lo schizzo sulla cornice... Preciso che non mi servo di attrezzi per il disegno, è tutto fatto a mano libera.
 Con il pirografo mi sono limitata a ripassare il disegno iniziale fatto a matita.



 In seguito ho tagliato un'altra lastra di legno della misura esterna della cornice, su cui ho applicato con il decoupage una foto, che ovviamente ho oscurato per rispetto della privacy.
Infine ho incollato e inchiodato la cornice al riquadro di legno con la foto, e passato del flatting trasparente lucido.
Questo è il risultato visto da di fronte.

 Questo è come si vede dal lato.


















Spero abbiate trovato questo post interessante per prendere ispirazione. Il pirografo non è un attrezzo semplice da usare come può sembrare nei video tutorial. Vi consiglio di provare "in brutta" tutte le punte per capire qual è quella che dà l'effetto più adatto al risultato che volete ottenere. Tuttavia, se siete dei bravi disegnatori a mano libera, vi verrà molto più semplice usarlo rispetto a chi solitamente non disegna.

In bocca al lupo per i vostri progetti.

Recensione. "Non avevo capito niente" di Diego De Silva, risate garantite tra una riflessione e l'altra

Buongiorno lettori, siamo al quarto libro dell'anno, che, per quanto mi riguarda, va a chiudere il primo mese della Reading Challenge a cui sto partecipando. La scelta, tra i vari titoli disponibili dettati dall'obiettivo, non cade a caso. Avevo già letto Terapia di coppia per amanti dello stesso autore e lo avevo adorato, ripromettendomi di leggere altre sue opere in futuro, ed eccoci qua, promessa mantenuta. 

Trama:
Vincenzo Malinconico è un avvocato napoletano che finge di lavorare per riempire le sue giornate. Divide con altri finti-occupati come lui uno studio arredato con mobili Ikea, chiamati affettuosamente per nome come fossero persone di famiglia. La sua famiglia vera, del resto, è allo sfascio: la moglie l’ha lasciato, i due figli adolescenti, amatissimi, hanno i loro sogni e i loro guai.
A Vincenzo Malinconico capitano improvvisamente due miracoli. Il primo è una nomina d’ufficio, grazie alla quale diventa difensore di un becchino di camorra, Mimmo ‘o Burzone, e si trova coinvolto in un’avventura processuale rocambolesca.
Il secondo miracolo si chiama Alessandra Persiano: la donna più bella del tribunale, che si innamora di lui e prende a riempirgli la vita e il frigorifero.
Ma il vero miracolo, per noi lettori, è la voce svagata, digressiva ed eccentrica intorno a cui ruota l’intero romanzo. Il vero miracolo è il pensiero storto e irresistibile di Vincenzo, che riflette su tutto quello che attraversa la sua esistenza e la sua memoria, seducendoci, di deriva in deriva, fino in fondo.


Vincenzo ha quarantadue anni, sulla carta è un avvocato, ma in realtà lavora poco e superficialmente, per passare il tempo divide le sue giornate tra lo studio (in realtà una stanza all'interno di un appartamento in condivisione con altri finti occupati) e il tribunale, vaga per la città senza meta, si ciba di quattro salti in padella, e cerca di mantenere un rapporto saldo con la moglie, che lo ha lasciato per un insipido architetto ma che continua a cercare Vincenzo per un po' di sano sesso, e con i due figli adolescenti, con i rispettivi problemi nella ricerca di una propria identità in cui riconoscersi adulti.
Nella calma piatta generale della sua vita, all'improvviso Vincenzo riceve una chiamata dal tribunale in cui viene richiesta la sua assistenza legale come avvocato d'ufficio: Mimmo o' Burzone, becchino di camorra, è stato arrestato dal momento che nel suo giardino è stata rinvenuta la mano di un cadavere. La seconda svolta nella vita dell'avvocato è Alessandra Persiano, avvocato civilista, bellissima, che perde la testa per lui.


lunedì 14 gennaio 2019

Recensione. Perché NON dovreste assolutamente leggere "Voci" di Dacia Maraini.

Buongiorno lettori, siamo già al terzo libro dell'anno, e se credevo di aver cominciato egregiamente, ho dovuto ricredermi dopo aver letto il libro di cui vi parlerò.

Trama:
Una porta spalancata, un paio di scarpe da tennis azzurre appaiate, un acuto odore di disinfettante accolgono, al suo ritorno nella casa romana dopo una breve assenza, la giornalista di una radio privata, Michela Canova. Apparentemente questi segni non sembrano indicare nulla di particolare, in realtà sono le tracce, le uniche, di un delitto - l'assassinio di Angela Bari, una vicina di casa di Michela - un delitto che rivela, all'improvviso, come dietro l'apparente normalità si nascondano il mistero e la violenza. Incaricata dal direttore della radio di condurre un'inchiesta sulla violenza urbana e, in particolare, sulle sevizie - spesso impunite - contro le donne, per la giornalista inizia un viaggio nella dimensione dell'orrore quotidiano che si svolge parallelamente a una sua personalissima indagine sull'omicidio. Nel corso di questa discesa agli inferi, la verità (a un tempo semplice e insospettabile) sulla fine di Angela Bari si ricompone in un sorprendente mosaico.

Mi ero segnata questo titolo mentre elaboravo una bibliografia di letture sul tema della violenza contro le donne per un progetto di volontariato, e dal momento che non avevo mai letto prima niente di Dacia Maraini, avevo pensato che poteva essere il momento giusto. Quale errore fu!!!!

Intanto, non fatevi ingannare dalla trama, perché, anche se sembra avere tutti gli elementi del giallo poliziesco all'italiana, non si percepisce nulla della suspense e poco dell'aspetto investigativo. 

Il commissario di polizia incaricato è una donna che mi è parsa oltremodo incompetente e poco professionale, oltre al fatto che se ne esce spesso e volentieri durante i suoi monologhi con delle perle che in bocca a un poliziotto io non avrei mai messo, non per discriminazione di classe, per carità, ma per puro realismo. E non è mica l'unica, pare che ogni personaggio abbia ricevuto un'istruzione più che superiore tale da sentirsi in diritto di vantare la propria erudizione, fuori luogo e in maniera irritante. Tanto per dire, c'è la casalinga madre della vittima che cita in latino una poesia dell'imperatore Adriano; c'è la poliziotta che cita Edipo in lingua originale ovvero greco antico (ma coooomeeeee??), cita Goethe e sfoggia una spiccata conoscenza delle leggende dell'antico Egitto; c'è l'agente immobiliare che filosofeggia a briglie sciolte sul piacere e il dolore, l'ambiguità, la piattezza e la seduzione, e cito testualmente: ".. il fatto è che non sempre riesco a rendere la mia complessità mentale con una seducente complessità verbale. Il mio pensiero è superiore alle mie parole, che seguono, arrancando, col fiatone...". Cioè, mi spiego?? Come se non bastasse tutto ciò, anche la voce narrante, che sarà pure una giornalista, per carità, ma a tutto c'è un limite, sparpaglia qua e là parole come conquibus, lenone, prosseneta, manierato, anilina (cercatele sul vocabolario, coraggio!!), ok che siamo negli anni 90 ma non siamo nel 18esimo secolo, per l'amordiddio. 
Ma non ho ancora finito, attenzione.


domenica 13 gennaio 2019

Fai da te. Action figure "Santa Muerte" ispirata a Ghost Recon fai da te, come e perché

Se non avete mai giocato a Tom Clancy's Ghost Recon su Playstation4, probabilmente non capite un'acca di quello di cui sto parlando. Ma per i fanatici di videogames e collezionisti di gadget, la mia idea non sembrerà tanto astrusa.
Visto quello che costa una action figure ben fatta (parliamo di marchi come UbiSoft), ho pensato di regalarne una fatta a mano per Natale, spendendo davvero pochissimo, e vi mostro come.


 Ho iniziato dando forma allo scheletro con del filo di ferro, che ho poi rivestito di nastro di carta.
 Il passo successivo è stato piantare la figura in un blocco di polistirolo, levigato il giusto da farlo sembrare un piedistallo di roccia irregolare. Poi ho rivestito tutto di carta di giornale e colla vinilica.















 Una volta asciugata questa specie di armatura in cartapesta, ho colorato con l'acrilico bianco il corpo, e sul piedistallo ho incollato sassolini di quelli che si usano per decorare gli acquari e piccoli teschi. In cima ho attaccato un teschio più grande con del filo di ferro e l'ho incollato con la colla universale Pattex.
I teschi piccoli li ho trovati qui, il teschio grande invece qui, tutto su Amazon.

 La falce che vedete l'ho fatta in carta e cartone, e non sono andata troppo per il sottile perché l'effetto che volevo era così, un po' rozzo, di legno e metallo smangiucchiati dal tempo. Si tratta di una cannuccia di carta di giornale attaccata con nastro di carta a una sagoma di cartone a forma di falce, ricoperta ancora di carta di giornale e Vinavil e poi colorata con acrilici.
Il vestito e il mantello li ho fatti con la macchina per cucire, seguendo dei tutorial su Youtube (se ne trovano a valanghe). La collanina è fatta con filo di nylon e perline di varie misure e colori recuperate da vecchi braccialetti. Nella mano destra ho incollato la falce e sulla sinistra ho incollato una biglia
colorata che potrebbe assomigliare a una palla da veggente.













Questo è il risultato finale che, devo dire, è piaciuto molto al mio compagno che l'ha ricevuto. Io mi sono divertita tantissimo a progettarlo e a costruirlo, sperimentando e mescolando tecniche. Ora è in bella mostra sul mobile del soggiorno, di fianco a tv, videogiochi e console, e fa invidia a tutti quelli che entrano in casa.

Recensione. "L'arminuta", una piacevole inaspettata scoperta

Buongiorno lettori, come potete vedere non sono passate nemmeno 24 ore dall'ultimo post, e questo perché il gioiellino di libro che sto per presentarvi è uno di quelli che si divora in una serata. Un tale concentrato di bellezza che ho paura di sciuparne il pregio con troppe parole a vuoto. Quindi bando alle ciance e proseguiamo.




Trama:
Ci sono romanzi che toccano corde così profonde, originarie, che sembrano chiamarci per nome. È quello che accade con L’Arminuta fin dalla prima pagina, quando la protagonista, con una valigia in mano e una sacca di scarpe nell’altra, suona a una porta sconosciuta. Ad aprirle, sua sorella Adriana, gli occhi stropicciati, le trecce sfatte: non si sono mai viste prima. Inizia così questa storia dirompente e ammaliatrice: con una ragazzina che da un giorno all’altro perde tutto – una casa confortevole, le amiche più care, l’affetto incondizionato dei genitori. O meglio, di quelli che credeva i suoi genitori. Per «l’Arminuta» (la ritornata), come la chiamano i compagni, comincia una nuova e diversissima vita. La casa è piccola, buia, ci sono fratelli dappertutto e poco cibo sul tavolo. Ma c’è Adriana, che condivide il letto con lei. E c’è Vincenzo, che la guarda come fosse già una donna. E in quello sguardo irrequieto, smaliziato, lei può forse perdersi per cominciare a ritrovarsi. L’accettazione di un doppio abbandono è possibile solo tornando alla fonte a se stessi. 


Ha tredici anni, l'Arminuta, il cui vero nome non viene mai svelato, quando viene riconsegnata, neanche fosse un pacco, alla famiglia di origine, che l'aveva ceduta ancora in fasce a una coppia di parenti alla lontana che non poteva avere figli.
La famiglia adottiva l'aveva strappata alla fame e alla miseria di una famiglia sovraffollata di provincia, dove l'ignoranza la fa da padrone, e lo scopo della vita è mettere in tavola un po' di pane e qualche vegetale.
Ad un certo punto, però, i genitori adottivi, che pure l'hanno allevata in tutti gli agi e le comodità, senza mai farle mancare affetto e comprensione, non possono più tenerla con sé, e devono restituirla alla famiglia biologica.
Inizia qui il percorso dell'Arminuta, davanti alla porta di casa di una famiglia che non sapeva nemmeno esistesse. E' un percorso difficile, in cui le cose che prima riempivano le sue giornate, come il nuoto la danza e le amiche, non hanno più alcun valore. Ora deve rimboccarsi le maniche, aiutare nelle faccende di casa, accudire un neonato con disturbi di crescita, imparare a far da mangiare, arrangiarsi come meglio può e tenere testa a quelli che vogliono sopraffarla perché non accettano la sua diversità.

Nel clima ostile della nuova famiglia, con una madre dai modi bruschi, un padre assente, dei fratelli che considerano un peso una bocca in più da sfamare, l'Arminuta cerca un senso a quello che le è capitato, convinta che quella che ha sempre chiamato "mamma" è solo malata e appena guarita tornerà a riprenderla.

sabato 12 gennaio 2019

Recensione. "Via dalla pazza folla" di Thomas Hardy e alcune riflessioni.

Buonasera lettori e ben ritrovati. Passato buone feste? Mangiato in abbondanza? Disatteso puntualmente la dieta di inizio anno che faceva parte dei buoni propositi? Perfetto, allora possiamo iniziare con la prima recensione del 2019 con animo sereno, soprattutto dal momento che se il primo libro dell'anno è un buon libro direi che siamo sul sentiero giusto. 

Trama:
Hardy è un meraviglioso creatore di figure femminili, e Bathsheba, la protagonista di "Via dalla pazza folla", è la prima e la più incantevole di esse. Irrequieta e indipendente, intelligente e svagata al tempo stesso, crede di raggiungere una completa autonomia quando eredita un magnifico podere e un'antica casa signorile. Ma la bella forestiera finisce col trovarsi contesa fra tre pretendenti: lo sfortunato, ma forte e sereno Oak, suo lavorante e fattore; il ricco fittavolo Boldwood, grave e austero; lo spregiudicato sergente Troy. È quest'ultimo ad avere la meglio sulle prime, ma alla fine sarà Oak con la sua cieca e malcompresa devozione a salvare le sorti della padrona e del piccolo mondo bucolico di Watherbury dai rovesci della sorte.



Premetto che la scelta è ricaduta su questo libro per via della Challenge a cui sto partecipando, e ho scelto Hardy perché me lo sono ritrovato davanti per caso sugli scaffali della biblioteca e perché avevo un felice ricordo della lettura di "Tess dei D'Urberville". 

L'autore non mi ha deluso nemmeno stavolta, sono stata catapultata in pieno 800 nella campagna inglese, a osservare tre pretendenti che spasimano dietro a questa bellissima e capricciosa ragazza che è Bathsheba, sconvolgendo l'armonia del paesino di Weatherbury. 

Badate bene, non a caso ho scelto la parola osservare. Già, perché l'abilità peculiare di Hardy è la descrizione dell'atmosfera della campagna, dando al lettore l'impressione di stare guardando un dipinto. I personaggi vengono presentati con dovizia di particolari, le loro virtù e le loro debolezze tratteggiate senza forzature rendendoli verosimili, la vita e le consuetudini dei contadini spiegate con cognizione. 
Su questo sfondo bucolico così piacevole, si succedono le avventure di Bathsheba e dei suoi pretendenti. Il primo a comparire è il pastore Gabriel Oak, un uomo dall'aspetto comune, dal temperamento sereno, e che tuttavia si dimostra così fedele e tenace, in nome del suo amore per Batsheba, da diventare per lei un punto di riferimento inalienabile dal punto di vista affettivo e anche dal punto di vista della gestione della fattoria. Dall'inizio alla fine ho avuto un debole per questo personaggio che se ne sta ai margini a osservare nella segreta speranza che il suo amore venga corrisposto e ho sempre fatto il tifo per lui.